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I libri
Storie e leggende della Toscana



Cento gustosi episodi fra realtà e fantasia popolare.

Editrice Laurum,
Tradizioni e Memorie,
Pitigliano (GR), 2008

Illustrazioni di Dino Petri


pag. 239


COME MICHELANGELO E DONATELLO BURLARONO I COMMITTENTI INSODDISFATTI

ra il 1502 e il 1504, Michelangelo Buonarroti realizzò la statua di David da un blocco di marmo abbozzato da Agostino di Duccio e da Antonio Rossellino, i quali l'avevano poi abbandonato ritenendolo inadatto ad essere trasformato in una scultura.
Ai tempi del Rinascimento fiorentino, la figura di David fu la più rappresentata dagli artisti, perché il personaggio biblico impersonava l'intelligenza e l'astuzia, due qualità umane capaci di opporsi con successo alla (fcrza materiale, bruta, privata della ragione ed estranea ad ogni influenza dello spirito. Di David, i Medici ne fecero il simbolo della loro città, per dimostrare di potersi opporre con la forza della cultura e dell'ingegno a chi vantava possedimenti territoriali ben più rilevanti del loro.
In un primo momento, pare che la celebre scultura dovesse essere collocata su uno degli speroni esterni del Duomo, insieme ai profeti che l'ornavano; ma, poco prima che Michelangelo portasse a termine l'opera, una commissione dei migliori artisti di Firenze, dopo lunghe e animate discussioni, consigliò di esporla davanti al Palazzo Pubblico, l'attuale Palazzo Vecchio.
Fu in quell'occasione che fra tutte le autorità cittadine presenti al consulto, il solo che riuscì a trovare una pecca al capolavoro del Buonarroti fu il Gonfaloniere della Signoria, Piero Soderini, secondo il quale il naso di David era di dimensioni un po' troppo abbondanti.
Michelangelo, cui non era sfuggito il commento, si allontanò appena dal gruppo, si chinò a terra senza darlo molto a vedere, raccolse con la mano sinistra qualche piccola scheggia di marmo e lo scalpello, con la destra il martello, e dando l'impressione di condividere il rilievo del Soderini si arrampicò fino al naso del colosso e cominciò a far finta di scalpellarlo leggermente, facendo cadere al tempo stesso alcuni piccoli frammenti del marmo che aveva raccolto, in modo da far credere che davvero stesse apportando la correzione suggerita dal gonfaloniere. Poi ridiscese in mezzo alla folla dei presenti, si avvicinò al maggiorente e gli domandò se ritenesse scomparso il difetto.
Soderini, ostentando una cert'aria da intenditore, osservò da destra e da manca il colosso, poi dichiarò con soddisfazione come, grazie a quel ritocco, il David, ora, fosse perfetto.
Il grande artista di Caprese abbozzò un sardonico sorriso, felice com'era di aver preso per i fondelli l'incompetente magistrato fiorentino.
Un episodio del genere era capitato anche al grande Donatello, al secolo Donato de' Bardi (1386 ca. - 1466), il quale aveva eseguito per l'Arte dei Linaioli la statua di San Marco da collocarsi in uno dei tabernacoli della facciata di Orsanmichele, destinati a ospitare i patroni di tutte le arti fiorentine. Il fatto era che i consoli della corporazione l'avevano trovata di qualità molto inferiore alle loro attese e sembravano decisi a rifiutarla.
Dispiaciuto, l'artista li pregò di pazientare qualche giorno per consentirgli di apportare alla scultura le modifiche che riteneva opportune allo scopo di poterli accontentare. Garantì loro che sarebbero ri soddisfatti.
La statua fu sistemata nell'apposita nicchia e Donatello, per una decina di giorni, fece finta di lavorarvi assiduamente. Andò a finire che il giorno dell'inaugurazione, tolto il telo che la copriva, i consoli la trovarono perfetta.