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I libri
Maremma d'altri tempi


Viaggio fra gli eventi, le condizioni sociali, i personaggi di una terra amara, dal Medioevo al Novecento

Edizioni Effigi
Parole e memorie/Tradizioni e folklore 20
Arcidosso (GR), 2008

Illustrazioni di Cinzia Bardelli

pag. 133


Avvenne alla "Parrina" il primo esperimento di trebbiatura meccanica

a seconda metà dell'Ottocento, e lo vedremo anche più avanti a proposito delle aziende grossetane dei baroni Ricasoli, vide l'introduzione in Maremma delle prime macchine per l'agricoltura. D'altronde, era ormai tempo che il lavoro meccanico dovesse sostituire quello manuale, non solo per alleviare le fatiche dell'uomo; ma anche – e soprattutto – per una questione d'avanzamento economico e sociale, che potesse sollevare la Maremma dalla sua antica, atavica povertà, da un sistema agricolo che per millenni non aveva mosso un passo dall'aratro chiodo e dagli arnesi con cui il bracciante consumava il sacrificio inenarrabile della propria esistenza.
Le trebbiature, come le mietiture, erano faccende che richiedevano un dispendio enorme e prolungato d'energie umane, di sudori, di sofferenze, a fronte di un risultato non conveniente, perché tale lo rendeva il costo della manodopera.
Ciò nonostante, quando la macchina fece la sua prima apparizione, il bracciante, anziché gioirne, ne rimase avvilito, sconsolato; poiché la macchina gli sottraeva il lavoro, il pane, il salario per sfamare la famiglia. E forse non aveva tutti i torti, con la fame d'occupazione che c'era a quei lumi di luna: tale da spingere il poveraccio a lasciare per mesi la propria casa nelle lontane contrade dei monti e a scendere in una Maremma ostile, da cui, a causa della malaria, non sapeva mai se sarebbe potuto tornare ad abbracciare la moglie e i figli. 
In ogni modo, il progresso non poteva essere ostacolato; e le macchine cominciarono a fare la loro timida apparizione fin dai primi anni della seconda metà dell'Ottocento.
Fu così che nella tenuta della "Parrina", nel territorio d'Orbetello, il cavaliere Guido Giuntini, nell'estate del 1854 effettuò per primo, in Maremma, un esperimento di trebbiatura meccanica, tanto da vincere il concorso indetto dall'Accademia dei Georgofili che gli erogò 120 scudi.
Si trattava di una macchina costruita a Rovezzano (Firenze) dal meccanico Giovanni Holliger; mossa da tre cavalli, trebbiava, in media, dieci sacchi di grano all'ora. Testimoni dell'esperimento, che ne relazionarono all'Accademia, furono Pietro Valle e il pievano Francesco Mai. Un giudizio favorevole fu espresso anche dal marchese Cosimo Ridolfi.
Nel luogo in cui avvenne la trebbiatura fu apposta una lapide che tuttora si può leggere e che così si esprime: «Qui mirate la macchina trebbiatrice introdotta a prò dei maremmani cultori dal Cav. Priore Guido Giuntini e nel MDCCCLIIII onorata dalla fiorentina Accademia dei Georgofili con trino guiderdone che fu zecchini L, scudi CXX ed aureo numisma, i primi da esso largiti all'artefice, i secondi in premio da lei destinabile ad altra campestre utilità, il terzo servato a sempre cara e obbligante memoria del riuscito proposito».