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I libri
Briganti in Maremma


Libreria Editrice Tellini
Pistoia (1982)


pag. 129

L'amico di «Gnicche»
             (Sebastiano Menchiari)

nche se si tratta dei più, non solamente i briganti dello Stato Pontificio corrono in Maremma per trovarvi rifugio, ma quelli, altresì, della vicina provincia senese: pochi, è vero, tuttavia non di rado tali da reggere il paragone con i più rinomati colleghi laziali.
Uno di questi, nato a Castelnuovo Berardenga, è Sebastiano Menchiari, di professione barrocciaio. Lo troviamo per la prima volta all'opera l'11 maggio 1867 nei pressi della «Tenuta Guglielmi», non lontano dal fiume Chiarone, quasi al confine che separa il Grossetano dal Viterbese. Sono con lui due ceffi della sua stessa specie: Giovanni Signorini e Placido Pallini, quest'ultimo domiciliato a Foiano della Chiana. Hanno fermato sull'Aurelia una carrozza condotta da Paolo Minetti di Montalto di Castro e diretta a Civitavecchia, aggredendo minacciosamente gli occupanti e rapinandoli fino all'ultimo centesimo.
Donato Portolani ci rimette 594 lire e l'orologio d'argento, Antonio Demi 195 lire, Eugenio Ceccarelli 320 e l'orologio, lo stesso Minetti 45 scudi romani.
Ma l'audace colpo non rimane impunito. Dopo poco tempo i tre malfattori vengono infatti acciuffati e processati. Al Menchiari e al Pallini infliggono tredici anni di condanna «alla pena della casa di forza», al Signorini dieci anni.
Il furfantello senese finisce così a vedere il sole a scacchi nelle prigioni di Arezzo, dove tuttavia non rimane che poche ore, perché nella notte fra il 17 e il 18 dicembre 1870 (era entrato in galera il giorno 16) evade con il famigerato brigante delluogo Federico Bobini detto «Gnicche» e col non meno temuto «Gigetto» di Città di Castello.

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